Giocare con i bambini: chi deve vincere?
di Redazione
12/03/2013
Giocare con i bambini è un'attività molto impegnativa, nonostante l'aspetto ludico il gioco è un vero e proprio metodo di apprendimento. I bambini imparano tantissimo tramite il gioco sul funzionamento della vita sociale, delle regole che bisogna seguire e del comportamento da adottare. Eppure non sempre è facile giocare con loro in modo costruttivo.
La domanda è: quando giocate con i vostri bambini, li fate vincere di proposito? E se perdono come la prendono?
Io ho iniziato a confrontarmi con il problema da quando la mia primogenita ha iniziato l'asilo. Prima di allora per me non era affatto un problema, non facevamo giochi di competizione, tutto si svolgeva in modo cooperativo e si giocava assieme, non l'una contro l'altra. Ci si passava la palla, si correva assieme verso il traguardo, si colorava assieme un disegno sul suo albo preferito. Anche la parola "mio" non è mai esistita, con grande sorpresa di noi genitori, lei condivideva tutto ciò che aveva e lo faceva con estremo piacere, fosse un gioco o del cibo.
Da quando ha iniziato la scuola, però, le cose sono un po' cambiate. Adesso si gioca a passarsi la palla in un certo modo e guai a sgarrare, il disegno va colorato in un certo modo, alla porta di casa deve arrivare lei per prima salendo le scale. Tutto si è improvvisamente trasformato in una competizione e non c'è possibilità di giocare alla pari: deve vincere lei e basta. Così mi capita di doverle offrire un vantaggio quando rientriamo a casa e di essere complimentosa nel vederla davanti alla porta prima di me. Non è un atteggiamento che assume in ogni aspetto della sua vita, ma quelle poche volte che lo fa mi pongo sempre il dubbio se sia giusto o meno lasciare che vinca sempre e comunque. A scuola non potrà vincere sempre lei e allora come si comporterà quando sarà qualcun altro ad arrivare alla porta per primo? Saprà affrontare lo shock o pretenderà di vincere a prescindere? Al momento, cerco ancora di puntare sui giochi collaborativi o, al massimo, su quelli che prevedono l'uso della casualità piuttosto che l'abilità.
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Mi chiamo Erika e sono una mamma innamorata del suo bimbo, una moglie innamorata di suo marito, una biologa innamorata del suo lavoro... Adoro aiutare le persone: se un po' del mio tempo speso per gli altri serve per dare una mano anche ad una sola persona, penso ne sia valsa la pena.